La ballata Jeg lagde meg så silde (Dormivo così serenamente…) è una ballata norvegese appartenente alla categoria delle ballate medievali ed è spesso “confusa” o confluisce in un’altra ballata che si chiama semplicemente Ole Vellan o Olav Velland.
La vicenda di base narra di un cavaliere che vive spensierato alla corte del re fino al giorno in cui riceve la notizia di tornare subito a casa perché la sua fidanzata è gravemente malata. Lui si affretta, ma lungo il cammino avverte sinistri presagi e quando arriva su un colle percepisce il suono delle campane e scorge il corteo funebre che sta accompagnando la sua fidanzata morta al cimitero. Per molte strofe, lui – inconsolabile – da voce al suo strazio. La ballata è narrata in “prima persona”, cosa piuttosto rara per le ballate medievali
Ole Vellan è considerata una variante della stessa ballata, ma raccontata tradizionalmente in terza persona e con una forma più epica: il protagonista viene a sapere alla corte del re della morte della sua fidanzata, si reca dal re per chiedere il permesso di tornare a casa. Il re gli offre doni e un’altra sposa, ma il cavaliere decide di andare dalla sua amata e quando riesce a vederla ormai cadavere, muore dal dolore.
«Le ho accarezzato la sua pelle livida
Che un tempo era così rosea
Signore Dio, meglio se fossi rimasto un poveraccio!
Ritrovo qui morta, la mia adorata»
Esistono oltre 40 versioni di questa popolare ballata; circa la metà sono state scritte o trascritte nel Telemark nel XIX secolo e fino ai primi anni del ‘900, altre varianti provengono da diverse altre regioni norvegesi. Uno dei principali “collettori” di questa ballata è Sophus Bugge il quale riportò la versione scritta da Signe Eivindsdotter Storgård (1790 – 1861) di Lårdal. Bugge la incontrò nel 1857 e con il suo aiuto raccolse altre 20 ballate tipiche che, in seguito, pubblicò sotto il titolo di Gamle norske Folkeviser. Come per il testo, le melodie applicate sono altrettanto numerose, tra le più rinomate si cita la variazione su tema di Lindeman del 1848 della tradizione folkloristica della regione Valdres.
Il testo più antico noto è scritto in danese e risale alla seconda metà del 1500: nel 1573, Anna Parsberg – una delle dame di compagnia della regina Sofia – scrisse una ballata di sei strofe in forma poetica ispirata a “Ole Vellan”. La Regina Sophia di Mecklenburg (1557 – 1631) era la moglie di Federico II di Danimarca, si sposarono nel 1572 e lei era un’appassionata di poesia e di ballate antiche; fu lei a chiedere allo storico e sacerdote Anders Sørensen Vedel di raccogliere le più antiche ballate danesi che furono, poi, pubblicate nel 1591 nella raccolta “Hundreviseboka – il Libro delle Cento Ballate”.
Una delle più notevoli è proprio Jeg lagde meg så silde, raccontata in prima persona. È insolito che in una ballata si usi la forma dell’ “io narrante”, gli studiosi hanno sempre pensato che questa forma espressiva fosse più soggettiva e tipica di ballate relativamente più moderne, ma in realtà vi sono altre ballate medievali che utilizzano la forma soggettiva per narrare la vicenda. Tuttavia il testo danese del 1573 utilizza la terza persona e il protagonista si chiama Oluf, il testo danese si ritiene il “padre” delle numerose successive varianti norvegesi dove il protagonista assume anche varianti del nome Ole / Ola / Olav / Olaf. Il testo resta profondamente romantico, doloroso e armonioso nel complesso.
Le melodie applicate alla ballata sono altrettanto varie e utilizzate nel tardo ‘800 anche come melodie funebri per accompagnare i funerali. La melodia più nota è attribuita a Ludwig Mathias Lindeman del 1848.
La melodia talmente popolare divenne addirittura l’inno nazionale svedese Du gamla Du Fria, liberamente ispirata proprio alla ballata. L’autore dell’inno, Richard Dybeck, la riscrisse per la prima volta nei primi anni del 1840 su ispirazione di Rosa Wretman del Västmanland, su questa melodia scrisse un nuovo testo che divenne, appunto, l’inno nazionale svedese.
Delle diverse varianti si riporta quella del 1848 sulla quale fu scritta anche la melodia di Lindmann.
Jeg lagde meg saa sildig
1. Jeg lagde mig saa sildig alt seent om en Kvæld jeg vidste ingen Kvide til at have saa kom der da Bud ifra Kjæresten min jeg maatte til hende vel fare – Ingen har man elsked over hende. – |
1. Dormivo così serenamente una tarda serata
Non avevo alcuna preoccupazione Finché non giunse un messaggio dalla mia promessa sposa Dovevo tornare presto da lei – Non ho mai amato nessuno oltre lei – |
2. Saa gik jeg da mig oppaa höiande Loft aa klædde mine bedste Klæder jeg klædde paa mig en Klædning af ny en Klædning af Bomölske Flöiel |
2. Allora sono corso a prepararmi
Per indossare i miei abiti migliori Ho indossato abiti nuovi Vestiti di soffice cotone |
3. Saa gik jeg da mig i Stalderen ind aa klapped Graagangeren paa Bagen jeg lagde paa hannem Salen af Sölv og Beslet af Guld var beslagen |
3. poi mi sono recato nella stalla
E ho accarezzato sul dorso il mio destriero grigio Ho messo la sella d’argento e le briglie d’oro |
4. Saa rider jeg fire Styver Milervei mens andre monne södeligen sove som jeg da kom til min Kjærestes Hjem da mödte jeg min Kjæreste Svoger |
4. Ho cavalcato quattro volte le sette leghe
Mentre gli altri dormivano serenamente Per raggiungere la dimora della mia amata Attraversando atri boschi per la mia amata |
5. Saa gik jeg da mig oppaa høiande Loft hvor jag haver været saa mange der stander de Jomfruer alt udi en Flok aa pynta min Kjærest til Graven |
5. Infine, sono giunto su un alto colle
Dove ero stato molte volte Laggiù c’erano delle suore in corteo Che preparavano la mia amata per la tomba |
6. Hendes Föder va hvide
hendes Fingre va smaa, |
6. I suoi piedi erano così bianchi
Le sue dita così sottili, i suoi occhi erano blu come una colomba il suo seno bianco come neve e la sua bocca dolce come zucchero |
7. Haar havde hun som va spunden af Guld aa flettet med en liden Flöíels Nøsse hendes Bönner vore saa inderlig te Gud i Himmerig maatte hun möde |
7. Aveva i capelli come fili d’oro
Intrecciati con nastri preziosi Le sue preghiere ascolta intimamente o Dio Nel Regno dei Cieli lei deve stare |
8. Saa rider jeg et Stykke derfra saa fik jeg höre de Klokkerne klinga ikke andet jeg vide og ikke andet jeg fornam end mit Hjerte i Stykker mon springa |
8. Avanzo lentamente ancora un po‘
Poi sento suonare le campane Nient’altro conosco, nient’altro comprendo Se non il cuore infranto e a pezzi |
9. Saa rider jeg te Kirkegaarden frem da fik jeg see de Klokkerne udvælga der stander de Jomfruer, höviske Mænd bad mig en anden Ven at udvælga |
9. Cavalco verso il cimitero
Vedo le campane suonare, le suore pregare, dei nobil uomini mi consiglarono di scegliere un’altra compagna |
10. Vel kan jeg fæste en anden ved min Haand aldrig finder jeg hendes Liga hendes Liga findes ikke i denne Verdens Land ei heller i de tre Kongerigar |
10. Ma io non posso stringere nessun’altra mano
Non troverò mai una donna simile a lei Non esiste una donna come lei in tutto il mondo E in nessuno dei tre Regni. |
La versione in musica che si propone è quella di Ludwig Mathias Lindman del 1848, eseguita dalla cantante lirica Sissel Kyrkjebø durante una trasmissione TV sulla rete nazionale NRK, andata in onda nel 2005.
Il brano cantato è in norvegese, in una versione ridotta, e solitamente si cantano la 1°, 4° e 5° strofa
Jeg lagde meg så silde
1. Jeg lagde meg så silde og sent om en kveld jeg visste ingen sorrig til å have så kom der et bud i fra kjæresten min jeg måtte til henne vel fare Ingen har jeg elsket over henne |
1.Dormivo beatamente in una tarda serata
Non conoscevo dolore né sofferenza Poi all’improvviso giunge un messaggio della mia amata Dovevo correre da lei Non ho mai amato altro che lei |
2. Så red jeg meg de mange mile frem mens andre monne sødelig sove og veien den gikk til min kjærestes hjem igjennom de mørknende skove |
2. Così ho cavalcato per mille miglia e più
Mentre gli altri dormivano beati La strada che portava dalla mia amata laggiù Attraversava boschi oscuri e atri |
3. Og alle de små fugler i skoven va’ De voldte meg så stor en kvide For Alt det di kvitret og alt det de kvad De sagde at jeg fortere skuld’ ride |
3. E tutti gli uccelli del bosco
Cantavano un’unica melodia Il canto di quegli uccelli conosco E mi diceva che dovevo cavalcare con vigoria |
4. Så ganger jeg meg opp i høyen loft Som alltid jeg var vant til å gjøre Der stander de jomfruer alt uti flokk, Og kledde min kjærest til døde. |
4. Infine giunsi sull‘alto colle
Come ero sempre solito fare Là vidi radunate fanciulle a folle Che vestivano la mia amata per il funerale |
5. Så gikk jeg meg ut i den grønne eng Der hørte jeg de klokker ringe Ei annet jeg visste, ei annet jeg fornam Enn hjertet i stykker ville springe Ingen har jeg elsket over henne. |
5. Allora ho corso sul verde prato
Sentivo le campane suonare Null’altro sentivo null’altro capivo se non il mio cuore affranto non ho mai amato altro che lei. |
Qui di seguito, infine, si riporta la versione narrata in terza persona della ballata di Ole Vellan (anche questa da una trascrizione del 1848).
La ballata di Ole Vellan
1.Ole Vellan tjente på kongens gård der tjente han for føde og for klede, så kom der et brev i fra Rosenlund, som siger at hans kjæreste er døde. |
1. Ole Vellan era al servizio del re
In cambio di cibo e vestiti, un giorno giunse una missiva da Rosenlund che diceva che la sua amata era morta |
2.Han Ole han stiller seg for kongens brede bord han gjorde all den tjeneste som han kunne, så ba han sin nådigste konge om forlov at reise til Rosende Lunde. |
2. Ole si presenta al desco del re
E in nome di tutti i servigi resi Chiese al suo re misericordioso il permesso Di tornare a casa nel Rosenlund |
3.Kongen han svara frå sitt bredeste bord: Jeg vil derom slett intet høre, men du skal få svara eit einaste ord: Hva har du i Rosenlund at gjøre. |
3. Il re rispose dal suo grande desco:
Non voglio sentire altro, ma devi rispondermi a una sola cosa: che affari hai a Rosenlund |
4.Det er kommet en tiend hit til din gård hvor over mitt hjerta monne bløde. Det er kommet et brev i fra Rosenlund som sier at min kjæreste er døde. |
4. Qui a corte è giunto un messaggio
Che fa sanguinare il mio cuore È giunta una missiva da Rosenlund Che riferisce che la mia amata è morta |
5.Og kongen han svara så listelig det var ikke mer enn en kvinne, men jeg skal gjøre det så ut i mitt råd, at du skal få den fagreste grevinne. |
5. E il re rispose con giovialità
Che non si trattava che di una donna, farò tutto il possibile per concederti la donna più bella |
6.Og alle dei grevinner jeg akter ikke på, dem ville jeg for allting ikke have, men jeg få reise til Rosenlund og følge min kjærest i graven. |
6. «Di tutte le donne che posso avere
Non ne vorrei avere alcuna Ma desidero tornare a Rosenlund Per accompagnare la mia amata alla tomba» |
7.Han Ole oppsala grågangaren sin der sto han så blek som en lilje, så red han så fort som den lille fugl fløy alt over de nordenlandske fjelle. |
7. Ole si precipitò dal suo destriero grigio,
era pallido come un giglio, cavalcò più forte che poté, come un uccello che migra lontano dalle terre fredde |
8.Da han kom seg til Rosenlund da bandt ha nsin hest til en stolpe, så gikk han seg i fruerstuen inn der fruer og jomfruer gråte. |
8. Quando giunse a Rosenlund
Legò il suo destriero a un palo, poi entrò nella sala allestita dove donne e fanciulle piangevano. |
9.Så gikk han seg i likstuen inn, der vred han sine hender så såre, og hvert det sandkorn på gulvet lå det vætet han med sin tåre. |
9. Entrò nella sala mortuaria,
si contorceva le mani fino a farle sanguinare, e ogni singolo granello di sabbia per terra era bagnato dalle sue lacrime. |
10.Hu gamle mor hu tala så mildelig: Du finner vel igjen hennes like. Nei hennes like jeg aldri mere ser ei heller uti syv kongerike. |
10. La sua anziana madre gli parlò teneramente: Troverai certo una al suo pari.
No, non esiste al mondo una donna pari a lei In nessuno dei sette regni. |
11.Han Ole han satte seg ner på ein stol han satte seg der til at sove, han befala Gud sin syndige sjel og så oppga han sin ånde. |
11. Ole si andò a sedere su una sedia
Si sedette per dormire, ma lui pregava Dio di prendere la sua anima peccatrice finché poi il suo spirito spirò |
12.Begge de lik de blei lagt i ein båt og kisten den var utav marmor, der skal de ligge alt til dommedag og Gud han oppvekker oss alle. |
12. Entrambi cadaveri furono posti su una barca e la bara era di marmo puro
In essa riposeranno fino al Giorno del Giudizio quando Dio resusciterà tutti dalla morte. |
Trad. © Annalisa Maurantonio