Il Signorotto

di Johan Hermann Wessel

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

Una volta un signorotto s’addormentò nell’eterno riposo

Così come per tutti i signorotti è doveroso,

sebbene vorrebbero volentieri a lungo vivere

ed è un pessim giacere

quando si è di contrar parere.

Questo signorotto di cui vi canto

Poverino!, dopo la morte, d’incanto

Si ritrovò in quel luogo che freddo non è mai

Sebbene lo si desideri, eh son guai

Quando non si desidera non aver freddo mai!

Lì incontrò il suo cocchiere e si stupì

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

« Cosa?! Anche tu Jochum in inferno stai?

Non lo avrei mai immaginato!»

Ed è un peccato

Vedere ciò che si è sempre rinnegato.

«Il perché io sia finito qui,

tu senza dubbio già lo sai,

sebbene invano lo volevo nascondere»

e non è un piacere

voler – le cose risapute – nascondere.

«Mio figlio si diede al gioco e al sesso

E sperperò spesso

Più di quanto il mio patrimonio potesse sopportare».

Ed è male tollerare

Ciò che più non si può sopportare.

«Bontà verso quel figlio mascalzone dimostrai

E i miei contadini dissanguai.

Il loro patire non volli sentire».

Ed è da maledire

Chi – il lamento dei contadini – non vuol sentire.

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

«Ma tu, che così mite e buono fosti

e mai alcun male a creatura umana facesti,

perché sei qui? Lo vorrei sapere»

E c’è da temere

nel voler troppo sapere.

«Mi è andata male» fu la risposta

« poiché in vita feci apposta

ciò che Voi non riuscivate a fare, nonostante il desiderio»

Ed è un gran guaio

Non poter assecondare il desiderio.

«Quel figlio che è la causa di questa vostra attuale dimora

Ve lo procurai io allora,

non volendo nulla – alla vostra signora – negare »

e non è un buon affare

mai nulla negare.

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

Pertanto, ogni mascalzone impari

A non procurar ad altrui bambini vari

Nonostante la moglie altrui lo voglia.

E non è una gioia

Saper che la moglie altrui lo voglia.

Testo originale/opprinnelig tekst:

En Herremand sov engang hen;/Og saa skal alle Herremænd,/Hvor gierne de end leve ville./Og det er ilde,/At døe, naar man endnu ei vilde.//

Den Herremand, jeg synger om,/ Did, Stakkel!/efter Døden kom,/Hvor ingen frøs, skiønt alle vilde./Og det er ilde,/At ikke fryse, naar man vilde.//

Han traf sin Kudsk, og studsede:/«Hvad! Jochum og i Helvede?/Jeg næsten det forsværge vilde.»/Og det er ilde,/ At see, hvad man forsværge vilde.//

«Hvorfor jeg kommen er herned,/Du udentvivl alt forud veed,/ Saa jeg omsonst det dølge vilde.»/ Og det er ilde,/Bekiendte Ting at dølge ville.//

«Min Søn forfaldt til Hoer og Spil,/Og satte flere Penge til,/End min Formue taale vilde.»/Og det er ilde,/At den ei mere taale vilde.//

«Af Godhed for det Skumpelskud/Jeg sued’ mine Bønder ud,/Og deres Suk ei høre vilde.»/Og det er ilde,/Ei Bønders Suk at høre ville.//

«Men du, som var saa from og god,/Og giorde intet Kræ imod,/Hvi du er her, jeg vide vilde.»/Og det er ilde,/Saa nøie alt at vide ville.//

«Det gaaer,» var Svaret, «mig saa slet,/Fordi jeg hisset giorde det,/Som I ei kunde, skiønt I vilde.»/Og det er ilde,/At ikke kunne, naar man vilde.//

«Den Søn, som volder, I er her,/Har jeg paa Halsen skaffet jer./Jeg Fruen intet negte vilde.»/Og det er ilde,/Slet ingen Ting at negte ville.//

Sligt lærer hvert utugtigt Skarn,/At ikke skaffe Næsten Barn,/Skiønt Næstens Kone gierne vilde./Og det er ilde,/ At Næstens Kone gierne vilde.

© traduzione Annalisa Maurantonio

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Amore, pane e…burro

Kierlighed og Smørrebrød

At Smørrebrød er ikke Mad,

Og Kierlighed er ikke Had,
Det er for Tiden hvad jeg veed
Om Smørrebrød og Kierlighed.

Johan Herman Wessel

Amore e Pane e burro

Che il pane col burro cibo non sia

e l’amore odio non è

è l’unica cosa che io sappia

sul pane col burro e l’amore.

© trad. Annalisa Maurantonio

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Il fabbro e il panettiere

(Smeden og bageren)

 

Di Johan Herman Wessel (trad. Annalisa Maurantonio)

 

In una cittadina, un fabbro abitava

Illustrazione di Theodor Kittelsen (1890)

e diventava pericoloso quando si infuriava.

Egli si fece un nemico (se ne può sempre avere

io non ne ho l’onore

e nemmeno il mio lettore)

E fu sventura parimenti

di incontrarsi in una locanda.

Bevvero (anch’io bevo nella locanda

non ci andrei altrimenti

ma bada bene, lettore,

io vado sempre in quelle d’onore).

Bevvero come ho già detto

e dopo molti insulti e parole a effettoWessel smedbager03.jpg

il fabbro gli sferrò un bel cazzotto,

così violento fu il botto

che quell’altro il giorno non vide più

e da allora non ne vide proprio più.

Subito il fabbro fu arrestato

un medio esaminò l’assassinato

e di morte violenta emise il certificato.

L’assassino confessò dopo esser stato interrogato.

La sua unica speranza era di andar nell’al di là

e trovare il perdono del suo rivale, là.

Ma ascolta! Ora viene il bello! Il giorno stesso

prima che il verdetto fosse emesso,

quattro cittadini si presentarono

al giudice ed il più eloquente

gli parlò convincente:

« O sapiente!

Sappiamo che Lei bada sempre al bene della città,

ma il bene dipende dal fatto che in questa città

dobbiamo riavere il nostro fabbro immantinente.

La sua morte non risveglierebbe certo quel morto!?

Noi non troveremo mai un uomo così capace

e noi pagheremmo tremendamente quel torto

se lui trovasse l’eterna pace. »

« Mio caro amico, rifletta bene! La vita si paga con la vita!»

« Qui vive un panettiere povero e decrepito

e con il diavolo tra breve se ne sarà ito.

Di fornai ne abbiamo due. E se si prendesse il più incartapecorito?

Così una vita sarebbe pagata con un’altra vita! »

Rispose il giudice: « L’idea non è del tutto illecita

Ho bisogno di rimandare la sentenza

poiché il caso è così serio che in coscienza

devo pensare se la vita al nostro fabbro è bene concedere.

Addio, brava gente. Farò tutto ciò che è in mio potere! »

« Addio, sapiente messere! »

Il giudice sfogliò il suo codice accuratamente

Ma non trovò nulla di pertinente

su come giudicare al posto del fabbro un panettiere,

così giunse alla sua conclusione

ed emise la seguente decisione:

(Venga!, chi vuol sentir la soluzione)Wessel smedbager06.jpg

« Si presenti il fabbro Jens

chiamato in giudizio dalla corte

per aver dato morte

ad Anders Pedersen.

Non c’è che un fabbro nel nostro villaggio

ma devo esser privo di ogni vassallaggio,

e sebbene voglia vedervi morto, assai

ma qui due sono i fornai,

perciò questo è il mio giudizio:

il fornaio più anziano dovrà scontare il supplizio

per l’avvenuto assassinio, vita per vita scontata

avrà la punizione meritata

parimenti per l’orrore e per il disgusto reso. »

Il panettiere pianse per la sua anima condannata

quando lo portarono via di peso!

MORALE

Sii sempre pronto per la Morte!

Essa si nasconde dietro tutte le porte.

Testo originale/opprinnelig tekst:

SMEDEN OG BAGEREN.

Der var en liden Bye,/i Byen var en Smed,/Som farlig var,/naar han blev vred./Han sig en Fiende fik; (dem kan man altid faae,/Jeg ingen har, det gaae/Min Læser ligesaa!)/Til Uhæld for dem begge to/De træffes i en Kroe./De drak (jeg selv i Kroe vil drikke;/For andet kommer jeg der ikke./Anmærk dog, Læser! dette:/Jeg immer gaaer paa de honette.)//

Som sagt, de drak,/Og efter mange Skieldsord, hidsigt Snak,/Slaaer Smeden Fienden paa Planeten./Saa stærkt var dette Slag,/At han saae ikke Dag,/Og har ei siden seet’en.//

Strax i Arrest blev Smeden sat./En Feldskiær faaer den Døde fat,/Og om en voldsom Død Attest hensender/Den Mordere forhøres og bekiender./Hans Haab var, at han skulde hisset gaae,/Og der Forladelse af sin Modstander faae./Men hør nu Løier! netop Dagen,/Før Dom skal gaae i Sagen,/Fremtriner fire Borgere For Dommeren;/den mest veltalende Ham saa tiltalede:/”Velviseste! Vi veed, paa Byens Vel De altid see;/Men Byens Vel beroer derpaa,/At vi vor Smed igien maae faae./Hans Død opvækker jo dog ei den Døde?/Vi aldrig faaer igien saa duelig en Mand./For hans Forbrydelse vi alt for grusomt bøde, Om han ei hielpes kan.”//

“Betænk dog, kiere Ven! der Liv for Liv maae bødes.”/”Her boer en arm udlevet Bager,/Som Pokker snart desuden tager./Vi har jo to, om man den ældste tog af dem?/Saa blev jo Liv for Liv betalt.”/”Ja,” sagde Dommeren, “det Indfald var ei galt./Jeg Sagen at opsette nødes;/Thi i saa vigtigt Fald man maae sig vel betænke,/Gid vores Smed jeg Livet kunde skienke!/Farvel godt Folk! jeg giør alt, hvad jeg kan.”/”Farvel velvise Mand!” .

Han bladrer i sin Lov omhyggelig;/Men finder intet der for sig,/Hvorved forbuden er,/for Smed at rette Bager;/Han sin Beslutning tager,/Og saa afsiger denne Dom:/(Hvem, som vil høre den, han kom!)/”Vel er Grovsmeden Jens/For al Undskyldning læns,/Og her for Retten selv bekiendte,/Han Anders Pedersen til Evigheden sendte;/Men da i vores Bye en Smed vi ikkun have,/Jeg maatte være reent af Lave,/Ifald jeg vilde see ham død./Men her er to, som bager Brød.” /”Thi kiender jeg for Ret:/Den aeldste Bager skal undgielde det,/Og for det skedte Mord med Liv for Liv bør bøde,/Til velfortiente Straf for sig Og ligesindede til/Afskye og til Skræk.” /Den Bager græd Guds jammerlig,/Da man ham førte væk.//

Moral: Beredt til Døden altid vær!/Den kommer, naar du mindst den tænker nær.

 

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Johan Herman Wessel

Johan Herman Wessel (6 ottobre 1742, Vestby nell’Akershus, – 29 dicembre 1785 Copenaghen) scrittore e poeta norvegese, soprattutto di commedie. Le più importanti sono Kiærlighet uden Strømper (Amore senza i calzini) e Comiske Fortællinger (Racconti comici), nonché barzellette e aneddoti comici in versi.

Johan Herman Wessel era figlio di un pastore protestante e fratello maggiore di Caspar Wessel, matematico e linguista dano-norvegese. Il padre era nipote dell’eroe ed esploratore Peter Tordenskjold Wessel. Nel 1761, fu trasferito dalla Scuola di Latino a Christiania (attuale Oslo) all’Università di Copenaghen per i suoi studi. A Copenaghen, Wessel non diede mai un esame e si guadagnava da vivere come insegnante privato e letterato, traducendo opere di teatro e come redattore del giornale satirico Votre Serviteur otiosis.

Wessel fondò e diresse Det Norske Selskab nel 1772, e ne fu uno dei pilastri. Det Norske Selskab nacque come una comitiva di gaudenti studenti norvegesi residenti a Copenaghen e che si riunivano al Café di Madam Juel in Læderstræde. Si riunivano e raccontavano del proprio paese attraverso racconti satirici, barzellette e canti. Ma discutevano anche di arte e politica ed erano particolarmente interessati alla giustizia e alla democrazia. La saggezza del contadino norvegese e la natura norvegese erano i temi preferiti in un periodo in cui la grandezza del passato medievale in Norvegia stava tornando di moda. Il circolo degli studenti arrivò a contare 100 iscritti e molti tentarono la strada per diventare scrittori. Ma purtroppo la maggior parte di loro non erano né bravi studenti né buoni scrittori. La cosa migliore che sapevano fare era brindare alla loro natìa Norvegia con l’inno Kiæmpers Fødeland (Patria di combattenti), un canto che uno dei promotori del circolo, Johan Nordahl Brun, aveva scritto in onore della propria patria. Molti dei membri del circolo, poco per volta, rientrarono in Norvegia, mentre Johan Herman Wessel rimase a Copenaghen.

Le sue opere

Uno dei racconti comici di Wessel più famosi è Herremanden (Il Signorotto). Si racconta di un possidente che dopo la morte finisce all’inferno per colpa del figlio che ha dissipato tutti i suoi averi nel gioco e con le donne. Il signorotto per rimediare alle perdite finanziare fu ”costretto” a fare lo strozzino e tartassare i suoi contadini, ragion per cui si è guadagnato l’inferno. Ma nell’al di là infernale incontra con sua grande sorpresa il cocchiere Jochum il quale gli racconta di trovarsi all’inferno per essere stato adultero ed essersi messo con la moglie del signorotto e di essere il vero padre di quel figlio spendaccione e donnaiolo per colpa del quale il signorotto era finito all’inferno.

L’opera più significativa di Wessel è Kiærlighet uden Strømper (Amore senza i calzini del 1772), una parodia dei drammi d’amore e una satira del dramma francese pseudo-classico. La commedia fu un successo e fece di Wessel uno degli scrittori più famosi. Fu rappresentata per la prima volta nel 1772 e da allora continua ad essere messa in scena anche oggi.

Un’altra opera teatrale è Anno 7603 del 1781. Si tratta di un’opera meno nota e meno rappresentata e ha un minor valore artistico, ma ha ottenuto un suo particolare status ”cult” negli ambiti di science fiction, dal momento che si ritiene essere il primo esemplare letterario al mondo di un racconto di un viaggio nel tempo: i due protagonisti, Leandro e Julie, vengono catapultati nel futuro da una maga e si ritrovano nell’anno domini 7603, un mondo in cui i ruoli tra uomini e donne sono capovolti e solo le donne possono fare il militare.

Tra le poesie comiche, la più nota è Smeden og Bageren (Il Fabbro e il Fornaio – un fabbro accusato di omicidio viene salvato in quanto è l’unico fabbro del villaggio e la colpa viene fatta ricadere su un povero fornaio…perché di fornai il villaggio ne ha due e, in fondo, ne può bastare uno solo); si ricordano anche Hundemordet (L’assasinio del cane – una futile lite che finisce in tragedia), Gaffelen (La Forchetta) e tutta una serie di “mottetti” e adagi tuttora ricordati e utilizzati da norvegesi e danesi.

Wessel si è cimentato anche come scrittore di cose ”serie”, come le odi al sonno e alla modestia. Subito dopo Ludvig Holberg, Wessel è uno degli scrittori norvegesi più noti nella letteratura mondiale. Wessels plass, la piazza del Parlamento di Oslo, fu intitolata a lui nel 1891. Wessels gate nel quartiere di Meyerløkka a Oslo prende il nome da lui.

La sua abitazione a Vestby è tuttora custodita ed è di proprietà del Comune.

Wessel fu tanto arguto da scrivere il suo stesso epitaffio:

Han aad og drak, var aldrig glad

Hans Støvlehæle gik han skieve.

Han ingen Ting bestille gad.

Tilsidst han gad ei heller leve.

(Mangiò e bevve, non fu felice mai

Non cambiò mai i tacchi dei suoi stivali

Nulla desiderò per sé stesso, mai

Tanto da dar via, al fin, i suoi resti mortali.)

Riuniti a Sværtegade nr 7, Det Norske Selskab venne a conoscenza di un appello pubblicato sulll’Adresseavisen di aiutare un povero «che non ha nulla, neanche per coprirsi le pudenda». Fu una cosa che Wessel non poteva non lasciare inosservata e che commentò in rima così:

O, kommer og redder
mig arme Per Skrædder
som ikke kan skjule
for himmelens fugle
den lille Guds gave
jeg fikk på min mave.

(Oh, venite a salvare

povero me, Per il Sarto,

che non può celare

per divin “parto”

quel minuscolo dono di Dio

che c’è sotto al ventre mio)

Dedicati alla moglie sono i seguenti versi che Wessel scrisse nell’osteria di Løvstræde insieme ai suoi amici:

Du, som for din og min Plaseer
og hidindtil for intet meer
hos mig har sovet.
Dig, som jeg svor en evig Troe
og jævnlig afbrudt Natteroe
for Præst har lovet –
– dig giør jeg vitterligt, min Mo’er
at jeg ei spiser ved dit Bord
for denne Sinde.

(Tu che per il tuo e il mio piacere

– e finora per null’altro dovere –

Hai dormito al mio fianco

A te, alla quale ho giurato eterna fedeltà

E sovente interrotto la notturna tranquillità

al Prete ho promesso financo

–         a te rendo pubblicamente, mia diavola

di non mangiare alla tua tavola

per questo peccato)

Wessel morì a Copenaghen e fu sepolto nella Trinitatis kirke (Chiesa della Trinità). La tomba in seguito scomparve, ma fu sostituita da due simboli commemorativi: un monumento comune con Johannes Ewald ed una statua di Wessel del 1879 eseguita dallo scultore Otto Evens.

Autografo di Johan Herman Wessel. Un biglietto indirizzato al direttore d’orchestra del teatro Warnstedt, riguardo una traduzione del testo in due atti di Monvel, il brano cantato “De tre Forpagtere” eseguito per la prima volta il 30 ottobre 1780

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Risate norvegesi (1)

L’incontro (Et møte)

         Hva arbeider du med da?

–         Jeg er gateselger.

–         Hvor meget koster gatene nå for tiden, da?

 

–         Che lavoro fa’?

–         Venditore di strada.

–       Ah, e quanto costano le strade, ora ?

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Risate norvegesi (3)

Klok Hund? (Un cane intelligente?)

–         Jeg har vel en klok hund !

–         Hvordan det?

–         Jo, jeg spurte hvor mye 518 minus 518 var, og han sa ingenting !

 

–         Ho proprio un cane intelligente!

–         Perché?

–         Beh, gli ho chiesto quanto fa’ 518 meno 518 e lui non ha detto niente!

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Risate norvegesi (4)

Alla stazione di polizia (På politistasjonen)

         Deres etternavn ?

–         Olsen.

–         Fornavn?

–         Nei, etternavn.

 

–         Il suo cognome?

–         Olsen.

–         Nome?

–         No, no, cognome.

 

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Risate norvegesi (6)

Hvorfor vitser.

Hvorfor kan ikke jeg hoste,
når Morten Harket?

Spiegazione: le “hvorfor vitser” (lett. “barzellette sui “Perché”) nascono come giochi di parole sui nomi e cognomi di personaggi noti della cultura norvegese e che ora si sono estese anche a quelle su personaggi noti internazionali.

Altri esempi al link seguente:

http://www.humoristen.no/index.php?side=vitser&type=14&navn=hvorfor

Questa, in particolare, riguarda un noto musicista norvegese, Morten Harket, il cui cognome significa lett “raschiare, schiarire la voce” nella forma al passato remoto.

Hvorfor kan ikke jeg hoste,
når Morten Harket?

La barzelletta tradotta suonerebbe più o meno così:

“Perché io non posso tossire, mentre Morten può schiarirsi la gola?”

… che detta a un cantante …

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