Folkevise (o ballata popolare) ebbe nel Medioevo ampia diffusione in tutta la Scandinavia. Il centro di più antica adozione e irradiazione della ballata fu la Danimarca che nel XIII. secolo ebbe una fiorente produzione di folkeviser ispirate alla tradizione francese. Alla base vi sono influenze provenienti dalla Germania, dall’Inghilterra e dalla Francia, appunto: in particolar modo in Scandinavia si è fusa la materia epico-eroica, propriamente nordica, con i ritmi delle caroles francesi (canzoni da ballo francesi).
La maggior parte delle Folkeviser risalgono al 1250-1300 e rimasero in auge fino al 1600, quando passarono di moda negli ambienti cittadini benestanti. Il Romaticismo (XIX sec.) – nella sua costante ricerca del primordiale e genuino spirito popolare – riportò alla ribalta questo modello ”lirico”, nonché il recupero e le raccolte dei testi e delle musiche originali. Il più importante raccoglitore e classificatore di ballate è stato il danese Svend Hersleb Grundtvig (9. sett. 1824 – 14. lug. 1883). Dalla Danimarca ci sono pervenute 539 ballate e canti popolari medievali, un numero considerevole nel panorama letterario europeo.
L’esemplare più antico è un frammento del 1320, Drømte mig en drøm i nat, il cui nucleo principale fu trascritto nel XVI sec. da nobildonne e monache che amavano trascrivere le ballate fino ad allora tramandate oralmente. La prima vera raccolta – Hundredvisebogen – è del 1591 ad opera del prete Anders Sørensen Vedel, un esempio unico nel Nord Europa e importante punto di riferimento anche per la ricerca sulle ballate norvegesi. Infatti, nel 1695 il prete e linguista Peder Syv pubblicò una riedizione della raccolta di Vedel con l’aggiunta di cento nuove ballate dal titolo Kæmpevisebogen. Questa raccolta fu molto popolare e riscontrò successo in Norvegia e nelle Isole Færøer.
Durante il Romanticismo, le ballate danesi durono tradotte in Germania da Johann Gottfried von Herder e da qui Johann Wolfgang von Goethe trasse ispirazione per la sua composizione Der Erlkönig (Il re Elfo del 1782).
I temi delle ballate
Vi è una grande varietà tematica e ritmica nelle folkeviser. Alcuni sono canti ”storici” che riferiscono di fatti e vicende storiche amplificate dalla narrazione; altre sono di evidente ispirazione eroico-cavalleresca; molte hanno l’impronta magico-religiosa; altri sono canti d’amore e infine diverse ballate sono di carattere satirico e burlesco (in particolar modo critiche sui costumi degli ecclesiastici). Si tratta di uno dei patrimoni culturali e folclorici più ricchi al mondo.
In Norvegia, la folkevise – variamente rielaborata – è stata per lungo tempo l’unica fonte di espressione culturale di tipo ”non ufficiale”, durante il periodo di dominio danese.
Struttura della folkevise
Nella sua forma più comune, la folkevise è un componimento strofico-narrativo, le cui versioni più antiche si compongono di due versi a rima baciata congiungente mascolina con tre o quattro accenti ritmici, mentre quelle più ”recenti” si compongono di 4 versi dove il secondo e il quarto verso rimano. Le ballate hanno sempre un ritornello che poteva essere un ammonimento o una sorta di morale. La struttura di base prevede la presentazione dei protagonisti attraverso scene e dialoghi che costituiscono il punto di partenza della vicenda.
Il capofila cantava varie strofe e gli altri danzatori ripetevano in coro il ritornello che aveva una propria melodia e serviva per legare musicalmente e icasticamente l’intero componimento.
Le ballate del Medioevo scandinavo venivano eseguite principlamente per intrattenere la gente durante una festa o in un particolare momento di condivisione colletiva. Non ci sono pervenute particolari indicazioni sull’esecuzione delle danze abbinate ai canti, però è quasi certo che vi fossero delle ”coreografie” abbinate alla narrazione musicale.
I canti sono al presente, vale a dire che si cantavano come se la vicenda si svolgesse in quel luogo e in quel momento, per questo era importante anche la rappresentazione coreografica, per imprimere un’esperienza psicologicamente incisiva sull’assemblea presente e per facilitarne la memorizzazione.
La durata dell’esecuzione variava a seconda della ballata e della situazione; vi era comunque una differenza di tempi di esecuzione tra le ballate danzate e le ballate solo cantate, inoltre, ogni cantore aveva il suo modus espressivo. Ciò che si è potuto constatare è che le ballate nordiche avevano raggiunto un tale livello di maestria che gli esecutori non potevano essere che dei ”professionisti”, inoltre, i contenuti epici, eroici e morali rispecchiavano i gusti del pubblico che si rivelava dunque raffinato e di nobile estrazione.
Gli artisti come si è detto erano dei musicisti e dei ballerini ”professionisti” e girovaghi, anche se provenivano da una realtà contadina o nobile, abitavano comunque nelle periferie e ai margini della società. Spesso le donne erano le cantastorie, mentre i musicisti erano uomini, ma è certo che entrambi – uomini e donne – collaboravano alla stesura dei testi; non è da escludere che i ”cantastorie” come gli ”scaldi”, i menestrelli e i poeti di corte dimorassero spesso presso le corti dei principi e dei potestà.
La capacità dei norvegesi e degli scandinavi, in genere, di preservare le proprie tradizioni è tale che ancora oggi esistono gruppi folkloristici che, soprattutto nei periodi estivi, eseguono delle verie e proprie ricostruzioni storiche di villaggi, episodi storici (come le battaglie), spettacoli dell’epoca vichinga e post vichinga (come nel video seguente)